Il Coordinamento CARE disapprova in maniera netta le azioni comunicative della Clinica Mangiagalli in merito alla gestione delle informazioni riguardanti il neonato ritrovato nella Culla Termica a Pasqua.
La comunicazione messa in atto immediatamente dai vertici della Clinica ha offerto al pubblico più vasto dati estremamente sensibili della vita del bambino: il nome scelto per lui, il suo genere, il suo peso, il suo stato di salute, il colore della copertina in cui era avvolto, il contenuto di una lettera scritta a lui e per lui.
E’ stato dichiarato che una tale comunicazione serviva per mettersi in contatto con la madre, nel tentativo di farla tornare sui propri passi.
In realtà è stato violato completamente il diritto alla riservatezza di un neonato che si trovava in un momento di grande fragilità poiché da solo, e della madre che, dopo aver fatto una scelta evidentemente pensata e non casuale, si è trovata al centro di un ciclone di richiami da parte della Clinica e di tutti gli influencers che hanno fatto seguito. Il diritto di questa donna a decidere legittimamente se continuare o meno ad essere madre di questo bambino e il diritto a farlo senza essere giudicata nelle proprie azioni, è andato perso grazie al susseguirsi di notizie della stampa, dei Telegiornali nazionali, dei social.
Gli operatori della Clinica Mangiagalli hanno dichiarato ripetutamente che sentivano il neonato come fosse “figlio di tutti loro”, non lo hanno però difeso in alcun modo dalla sovraesposizione mediatica sua e della sua madre biologica. Certamente la loro comunicazione ha fatto pubblicità alle Culle Termiche; tuttavia, queste sono un mezzo raramente usato che oltre tutto impedisce completamente ai neonati in futuro, se lo volessero, di rintracciare le proprie origini.
La comunicazione della Clinica ha poi aperto alle esternazioni ulteriori ed improvvisate di tanti altri, che hanno ripetutamente abbattuto il certosino lavoro sul linguaggio dell’adozione costruito negli anni dalle Associazioni Familiari. Si è sentito affermare che “questo bambino” in quanto “bello e sano” aveva diritto alla “sua mamma vera”. Questo tipo di frase contiene due problemi importanti: giudica le nostre famiglie e le nostre relazioni familiari e lascia intendere che ci siano bambini che abbiano più diritti degli altri a non essere separati dalle madri di origine.
La realtà dell’adozione, conosciuta dalle Associazioni Familiari, è fatta anche di bambini e bambine con grandi necessità e di genitori che si mettono in gioco. Non sono bambini di serie B e non hanno famiglie di serie B.
Il Coordinamento CARE auspica che la Presidente del Tribunale per i minorenni di Milano, dott.ssa Maria Carla Gatto, prenda rapidamente tutte le iniziative necessarie a tutela di questo bambino, della sua privacy a salvaguardia della sua storia personale in modo che lui e solo lui possa, in futuro, decidere cosa farne.
Roma, 11 aprile 2023